Il ritardo di consolidamento è un fenomeno caratterizzato da un rallentato processo riparativo di una frattura ossea che prolunga la guarigione oltre i termini fisiologici.
Il consolidamento varia a seconda dell’osso coinvolto e dell’età del paziente. Le cause che influenzano negativamente il processo di riparazione sono principalmente un ridotto numero di osteoblasti, ovvero le cellule deputate alla formazione della matrice ossea, e un ridotto apporto di sangue e ossigeno ai tessuti interessati. Diversi sono i fattori che favoriscono un ritardo di consolidamento, a partire dall’osteoporosi, ma anche altre malattie tra cui il diabete mellito, l’ipotiroidismo, un’insufficienza renale, l’anemia cronica, infezioni, malattie vascolari. Anche lo stato nutrizionale, il fumo, una carenza di vitamina D sono determinanti, così come le condizioni della frattura stessa (tipo di frammentarietà ed eventuale esposizione della frattura).
Il ritardo nella guarigione ossea si osserva sia con la perdurante presenza di dolore, specie se sotto sforzo, sia con la non completa scomparsa della linea di frattura al momento del controllo radiografico.
Per la diagnosi del ritardo di consolidamento si tiene conto dell’anamnesi del paziente (sesso, età, farmaci assunti, consumo di alcol, abitudine al fumo), dell’esame della frattura con accertamenti radiologici, di come è stata trattata, del tipo di stabilità meccanica, dell’eventuale mezzo di sintesi utilizzato (placche, chiodi, viti, fissatori), della vascolarizzazione dei tessuti coinvolti nella frattura.
Il trattamento mira ad accelerare il processo di guarigione. Può comprendere una terapia farmacologica con somministrazione di calcio e vitamina D, una stimolazione biofisica ovvero l’utilizzo di campi elettromagnetici e ultrasuoni, una stimolazione meccanica ed eventualmente un re-intervento chirurgico.