Se non trattata, la tromboembolia polmonare può provocare gravi conseguenze, come arresto cardiaco e morte improvvisa, shock, anomalie del ritmo cardiaco, infarto polmonare, accumulo di liquido (versamento pleurico), embolia, ipertensione polmonare.
L’embolia polmonare è la conseguenza dell’ostruzione di un’arteria del polmone dovuta alla formazione di una massa solida, detta embolo, che impedisce al sangue di fluire correttamente e di fornire il necessario apporto di ossigeno ai polmoni, causando difficoltà respiratorie particolarmente gravi. In genere, l’embolo è determinato da un coagulo di sangue (trombo) che si forma in una vena delle gambe o del bacino (trombosi venosa profonda o, più semplicemente, trombosi) e, staccandosi, viene trasportato dal sangue fino all’arteria polmonare. A dare origine all’embolo, tuttavia, potrebbe essere anche la presenza di bolle d’aria, materiale infetto, corpi estranei, cellule cancerogene frammentatesi, grasso.
Se la massa è piccola può non dare sintomi. In caso contrario, può dare luogo a respiro affannoso, dolore toracico, senso di stordimento, svenimento o stato confusionale. La tosse, associata a sangue, e la febbre sono condizioni che, se non trattate in tempo, possono portare all’infarto polmonare. In caso di piccole ma frequenti embolie, la pressione sanguigna tende ad aumentare, caviglie e gambe si gonfiano e il soggetto prova affaticamento.
I fattori che possono favorire lo sviluppo di un’embolia polmonare sono l’età avanzata (superiore ai 60 anni), l’immobilità, l’obesità, la gravidanza, l’uso di contraccettivi e patologie di vario tipo come tumori, anemia falciforme, ictus e insufficienza cardiaca.
Esami utili per la diagnosi sono la radiografia del torace e l’elettrocardiogramma. L’alto valore del D-dimero, un frammento proteico individuato tramite l’analisi del sangue, offre invece un’indicazione circa l’eventuale presenza di un embolo polmonare.
Il trattamento prevede la somministrazione di anticoagulanti (eparina, warfarin) per fluidificare il sangue e impedire la formazione o l’aumento di volume dei coaguli. I farmaci antitrombolitici (streptochinasi, alteplasi) vengono impiegati nelle situazioni più gravi, quando è a rischio la sopravvivenza. In tale situazione, si procede all’inserimento di un catetere nell’arteria polmonare, per frammentare l’embolo, oppure si interviene chirurgicamente. Un’altra pratica in uso è quella di introdurre un filtro nella vena principale dell’addome per drenare il sangue dagli arti inferiori verso il cuore ed evitare, così, il passaggio di coaguli nell’arteria polmonare.