L’osteoporosi è una malattia sistemica dello scheletro, caratterizzata da una alterazione della quantità e della qualità della struttura ossea, da cui deriva un aumento del rischio di frattura.
Esistono forme di osteoporosi cosiddette “primarie”, ossia che compaiono in seguito alla menopausa o comunque con l’avanzare dell’età, ed osteoporosi “secondarie” ossia causate da un vasto numero di patologie e dall’assunzione di farmaci. Il numero di persone affette da osteoporosi aumenta con l’avanzare dell’età, sino ad interessare la maggior parte delle persone oltre gli 80 anni. Benché maggiormente diffuso nel sesso femminile, in considerazione del progressivo invecchiamento della popolazione, l’osteoporosi rappresenta ormai, anche tra gli uomini, una malattia di rilevanza sociale.
Nell’osteoporosi è assente una sintomatologia specifica, specialmente nelle fasi iniziali di malattia, tuttavia la rilevanza clinica dell’osteoporosi è legata all’aumento del rischio di frattura da fragilità, come fratture di femore, di polso o crolli vertebrali, che insorgono anche per traumi considerati a bassa energia quali possono essere generalmente cadute dalla stazione eretta o da semplici attività della vita quotidiana e che possono rappresentare una della maggiori cause di invalidità e mortalità, specie nei paziente anziani.
La misurazione della massa ossea, ed in particolare la sua densità minerale attraverso la tecnica DXA (dual-energy x-ray absorptiometry), rappresenta oggi il più affidabile test diagnostico di osteoporosi; la valutazione del rischio di frattura avviene integrando i valori di massa ossea ottenuto con DXA con una serie di fattori di rischio, quali l’età, le pregresse fratture da fragilità, la familiarità, la terapia cortisonica e tutte le condizioni che aumentano la probabilità di cadute, attraverso l’uso di algoritmi che permettono una stima accurata del rischio di frattura nel medio termine, identificando i soggetti in cui un trattamento farmacologico si renda necessario e quale sia più appropriato.